Gli ultimi due anni hanno visto nel contesto comunicativo relativo alla pandemia un uso eccezionale di linguaggio bellicistico.
Abbiamo sentito parlare di guerra al Covid, di medici in prima linea, in trincea, e addirittura di “caduti” anziché deceduti. Tra le espressioni guerresche più volgari e offensive utilizzate dai media nella loro opera di propaganda c’è stata quella di “renitenti” per le persone che avevano deciso di non sottoporsi alla vaccinazione anti Covid, e addirittura di “disertori” se i dubbiosi rispetto all’inoculazione erano medici.
E a usare questi termini offensivi sono stati in primo luogo dei “colleghi”, ovvero i virologi da salotto televisivo, i vari Bassetti, Pregliasco e compagnia cantante (è il caso di dirlo viste le performance canore dei personaggi. La parola “disertore” era stata voluta per colpire con una cattiveria inusitata i colleghi non allineati, per indicarli al pubblico disprezzo. In caso di guerra, infatti, chi è più disprezzabile di un soldato che fugge dal campo di battaglia? In realtà, la totalità dei medici non vaccinati erano stati per tutto il tempo dell’emergenza, fino ad oggi, accanto ai pazienti, ai malati, visitandoli e curandoli. Semmai il problema dell’epidemia è stato il fenomeno, tanto per usare ancora un termine militaresco, quello degli imboscati, ovvero quei professionisti che erano irrintracciabili al telefono, in ambulatorio, ovunque. Ligi però alle direttive ministeriali.
Per molti bravi e onesti e integerrimi medici che si sono prodigati per curare i malati, questa accusa di diserzione, arrivata solo per non essersi arruolati nelle fila dei vaccinati, per non essere diventati un numero dell’immunità di gregge, è stata una ferita amara, resa ancora più dolorosa dal fatto che la mancata inoculazione è diventata poi motivo di sospensione. Non hanno più potuto lavorare, occuparsi dei malati. Non sono quindi stati dei disertori: sono stati irresponsabilmente allontanati dal “campo di battaglia”.
Ma ora verranno sostituiti. Al loro posto infatti verranno assunti medici ucraini arrivati negli ultimi giorni nel nostro Paese. I cosiddetti “disertori” vengono cioè rimpiazzati da medici che hanno abbandonato il loro Paese e i loro pazienti. Certamente si tratta di scelte personali, da valutare individualmente, ma queste centinaia di medici che sono scappati dall’Ucraina non avrebbero potuto essere più utili nel loro Paese, con tanti feriti da accudire, con gli ospedali distrutti e il sistema sanitario in crisi? Chi si prenderà cura delle persone bisognose che si sono lasciati alle spalle per venire in Italia, accolti a braccia aperte dal ministro Speranza?
A proposito di Speranza: il ministro ha annunciato che il personale sanitario di nazionalità ucraina verrà assunto nelle strutture del Servizio Sanitario italiano in deroga alle norme comunitarie che disciplinano le assunzioni: formazione obbligatoria, certificazione dei titoli, durata legale dei corsi e così via. Un provvedimento che costituisce un fatto gravissimo. E nessun manager del Servizio Sanitario ha avuto per ora nulla da ridire, in sprezzo dei milioni di euro spesi nel corso degli anni per recepire norme comunitarie su cui si basa l’accreditamento, la qualità, il risk management buttati nella spazzatura con un irresponsabile (l’ennesimo) decreto in un nuovo stato di emergenza, in barba alle stesse regole comunitarie.
Non hanno fiatato i manager, ma neppure i sindacati e gli ordini professionali che negli ultimi due anni hanno assistito senza batter ciglio al massacro professionale di tanti loro benemeriti iscritti, anzi collaborando attivamente alla “pulizia etnica” dei non allineati. Abbiamo usato deliberatamente in queste righe lo stesso linguaggio bellicista dei Media mainstream, che oggi si è trasformato in un linguaggio da paci-finti che nasconde a mala pena la stessa, identica cattiveria e intolleranza manifestata negli ultimi due anni.
Noi non vogliamo aggiungerci a questo coro stridulo, e vogliamo anche cercare di capire perché tanti medici ucraini abbiano abbandonato i loro pazienti ad un triste destino. Tuttavia, se giustamente non vogliamo definire disertori tali professionisti, allo stesso tempo urge una piena, totale riabilitazione dei colleghi italiani che hanno dovuto subire un vero e proprio linciaggio morale. Se vogliamo assumere medici ucraini, allo stesso tempo cancelliamo le sospensioni dei medici non vaccinati, che sono state delle vere e proprie sanzioni nei confronti dei pazienti, oltre che dei professionisti stessi. Riabilitiamoli e diamo loro l’onore che gli spetta. di Paolo Gulisano – lanuovabq.it