Violenza e povertà: il 68% delle donne non lascia l’aggressore per paura di restare senza casa

Violenza domestica: 68% delle donne teme di finire in strada, non lascia l’aggressore!

Una realtà nascosta dietro le mura domestiche

Quante volte la casa, simbolo di sicurezza e rifugio, si trasforma in una prigione di silenzio e soprusi? In Italia, il fenomeno della violenza domestica è intrinsecamente legato alla povertà abitativa, un problema che affligge molte donne, costringendole a rimanere in ambienti pericolosi per la mancanza di alternative sicure. La Fondazione Asilo Mariuccia, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà, ha sollevato un problema grave che impedisce alle donne di liberarsi dalla violenza: la paura di non avere un altro luogo dove vivere.

Secondo uno studio di Women’s Aid, il 68,4% delle donne vittime di violenza domestica non lascia l’aggressore proprio per questa ragione. Sofia Leda Salati, direttrice del Centro Antiviolenza Ersilia Bronzini, afferma che “garantire una casa è sinonimo di garantire la libertà”. Molte donne non riescono a sfuggire agli abusi proprio perché manca loro un luogo sicuro dove ricominciare. In questo contesto, violenza economica e povertà abitativa si alimentano reciprocamente, creando un ciclo difficile da interrompere.

La casa non è più un rifugio sicuro

La povertà abitativa e la violenza domestica formano un legame pericoloso che si manifesta non solo quando una donna perde la sua casa, ma quando perde la libertà di sentirsi sicura al suo interno. Questa situazione spesso le imprigiona in un ciclo di dipendenza economica, isolamento sociale e ricatti quotidiani, rendendo la denuncia degli abusi quasi impossibile senza un rifugio alternativo. La violenza economica sottoforma di controllo del reddito e privazione dei mezzi di sostentamento è una strategia che demolisce l’autonomia e obbliga le vittime a scegliere tra sopravvivenza e libertà.

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Interventi e supporto della Fondazione Asilo Mariuccia

Per affrontare questa emergenza, la Fondazione Asilo Mariuccia, insieme al Centro Antiviolenza Ersilia Bronzini, offre un supporto concreto alle donne attraverso:

  • Accoglienza protetta in case rifugio a indirizzo segreto
  • Tutela legale
  • Supporto psicologico
  • Percorsi di reinserimento sociale ed economico

Questo approccio integrato è realizzato in collaborazione con istituzioni, forze dell’ordine e realtà territoriali, mirando a fornire un percorso di rinascita reale e tangibile per ogni donna. Salati sottolinea l’importanza di un lavoro di rete nella lotta contro la violenza domestica, evidenziando come la combinazione di una casa sicura, un reddito e un lavoro stabile possa restituire la libertà a molte donne.

La lotta per un diritto fondamentale

La dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 riconosce il diritto alla casa come essenziale per la dignità umana. Tuttavia, in Italia, molte donne lottano ancora per esercitare questo diritto. La Fondazione Asilo Mariuccia e il CAV Ersilia Bronzini chiedono un rafforzamento dei percorsi di autonomia e insistono sulla necessità di considerare il diritto all’abitazione come parte integrante della lotta alla violenza di genere.

La Fondazione ha inoltre avviato un programma di housing sociale con il Comune di Corbetta, offrendo cinque appartamenti in uso gratuito a donne e figli in fase di ricostruzione della propria vita post-violenza. Parallelamente, ha sollecitato la Regione Lombardia a istituire un tavolo operativo per definire un protocollo dedicato ai reati di genere, compresi quelli legati al web.

Costruire una rete di supporto contro l’isolamento

La violenza domestica crea un sistema di controllo basato su paura, dipendenza e isolamento. La risposta a questo problema, secondo la Fondazione, deve essere collettiva e basata su fiducia, ascolto e autonomia. Salati conclude che garantire una casa alle vittime non significa solo offrire un tetto, ma restituire dignità, il diritto alla scelta e la possibilità di una nuova vita. Ogni casa fornita rappresenta una nuova opportunità di libertà per chi è stato intrappolato in cicli di abuso.

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