Uguaglianza di genere: l’Italia ancora in ritardo
Nonostante l’Italia stia registrando i livelli più alti di sempre in termini di occupazione femminile, il cammino verso la parità di genere rimane costellato di ostacoli e ritardi, soprattutto in confronto ai progressi fatti da altri paesi europei. Paola Profeta, pro-rettrice per diversità, inclusione e sostenibilità all’Università Bocconi, mette in luce i principali problemi e le possibili soluzioni per colmare questo divario.
La situazione attuale e le sfide da affrontare
In Italia oggi lavora solo una donna su due, un dato che si scontra con gli obiettivi più ambiziosi fissati dall’Agenda di Lisbona e dall’Europa 2020, che prevedono percentuali del 60% e del 75%. A complicare il quadro ci sono notevoli disparità regionali, con il Sud che sconta un ritardo maggiore rispetto al Nord, quest’ultimo già sotto la media UE del 63%.
La situazione è ulteriormente aggravata dalla penalizzazione delle donne nel mercato del lavoro, soprattutto dopo la maternità. La cosiddetta “child penalty”, che in Italia si attesta intorno al 33%, evidenzia come le madri subiscano un impatto significativo in termini di salario e opportunità lavorative.
- Assenza di servizi adeguati per la prima infanzia.
- Mancata condivisione dei compiti di cura all’interno della famiglia.
- Impiego in lavori meno qualificati, che sono i primi ad essere abbandonati.
Interventi e misure politiche
Di fronte a questa situazione, il governo attuale ha optato per soluzioni quali bonus per i nuovi nati e decontribuzione per le mamme lavoratrici. Tuttavia, secondo Profeta, queste rappresentano soltanto soluzioni temporanee. È necessario agire con interventi di lungo periodo per garantire un sostegno concreto e continuativo alle famiglie, aumentando i servizi e le strutture a loro disposizione.
Per esempio, il Piano Nidi del PNRR rappresentava una grande opportunità di investimento per aumentare i servizi di prima infanzia, ma non è decollato come previsto. Inoltre, sebbene ci siano stati passi avanti con la certificazione di genere per le imprese, è cruciale che queste misure siano accompagnate da strategie efficaci per aumentare l’occupazione femminile.
Impatto economico e sociale
Il mancato coinvolgimento delle donne nel mercato del lavoro non rappresenta solo una questione di disparità di diritti, ma comporta anche un significativo costo economico. Profeta stima che l’Italia perda circa il 12% del suo PIL a causa di questa lacuna. Inoltre, una maggiore occupazione femminile potrebbe anche favorire la crescita demografica, affrontando così il problema dell’inverno demografico che l’Italia sta vivendo.
Il futuro dell’uguaglianza di genere
Guardando al futuro, le prospettive di miglioramento passano attraverso una serie di riforme e iniziative, tra cui la direttiva UE sulla trasparenza retributiva che dovrà essere recepita entro il 2026. Questa potrebbe aiutare a ridurre la disparità salariale, ma, secondo Profeta, avrà un impatto limitato se non supportata da un aumento della partecipazione femminile al lavoro.
Un altro aspetto fondamentale riguarda la cultura aziendale e le politiche di inclusione, come l’incentivazione dei congedi di paternità, che dovrebbero diventare la norma e non l’eccezione.
In conclusione, sebbene l’Italia stia facendo passi avanti, come dimostra la presenza della prima donna presidente del Consiglio, molto resta ancora da fare per garantire una vera parità di genere, che non si limiti alla rappresentanza ma si traduca in pari opportunità e diritti.
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Giacomo Serafini decifra per voi le tendenze economiche e borsistiche italiane. Analista finanziario riconosciuto, vi offre consigli concreti per ottimizzare i vostri investimenti. Il suo stile diretto vi aiuta a comprendere le dinamiche di mercato e a tutelare il vostro patrimonio. Fidatevi della sua esperienza per decisioni finanziarie oculate.
