Speso più in bavagli che per ogni altra voce, vaccini compresi. In due anni sono stati stanziati 24,5 miliardi. Quasi tutti i bandi aggiudicati con procedure semplificate. Lo scandalo banchi a rotelle: 1.300 milioni buttati.
Banchi a rotelle – «Le mascherine diventeranno come gli occhiali da sole». Così profetava, a inizio aprile, Fabrizio Pregliasco. Era appena finito lo stato d’emergenza, avevamo appena ringraziato e salutato il commissario Francesco Paolo Figluiolo, successore dello sciagurato Domenico Arcuri.
E tuttavia, bisogna riconoscere che la virostar non aveva torto. Per le protezioni di naso e bocca, lo Stato ha messo a bando l’equivalente di 150 euro a testa. Più o meno quello che ci costerebbe un bel paio di Ray-Ban. Una cifra alla quale vanno aggiunti i circa 390 euro che, tra chirurgiche e Ffp2, ogni cittadino ci ha rimesso di tasca propria, per tentare di schermarsi dal contagio. O, più tragicamente – nel senso fantozziano del termine – per adeguarsi a leggi, decreti e dpcm. Anche quando, all’estero, il bavaglio stava ormai sparendo.
La fotografia di Openpolis, che ha monitorato l’andamento della spesa pubblica nei due anni di emergenza Covid, è nitida: per la fissazione di Roberto Speranza, che ora fa di tutto per tenere imbavagliati almeno gli alunni, l’erario ha dovuto impegnare quasi 9 miliardi di euro.
È un importo pari a un terzo delle somme destinate agli acquisti pandemici tra cui i banchi a rotelle
In sostanza, più soldi per le museruole che per le vaccinazioni, sulle quali il governo ha comunque costruito non solo un culto parareligioso, bensì un regime vessatorio e discriminatorio. Per la campagna di somministrazioni, infatti, gli stanziamenti sono stati di poco inferiori a 6 miliardi e 300 milioni, più o meno un quarto del totale.
Il resto se n’è andato per tamponi (3 miliardi e mezzo), terapie intensive e farmaci (2 miliardi e 200 milioni), banchi a rotelle (1 miliardo e 300, firmati Arcuri e Lucia Azzolina), sanificazioni e altri arredi sanitari.
Nello schema di Openpolis, in realtà, emergono sensibili discrepanze tra i prezzi fissati alla pubblicazione delle varie gare d’appalto, cioè gli importi a base d’asta, e i prezzi effettivi di aggiudicazione dei lotti.
La difformità più stupefacente riguarda proprio le vaccinazioni: i soldi messi a bando sono quasi 6 miliardi e 300 milioni, mentre, calcolando i prezzi di aggiudicazione, non si arriva nemmeno a 300 milioni di euro. Da dove origina una forbice tanto larga?
Un’ipotesi è che i decreti di aggiudicazione non vengano comunicati ad Anac, cioè la fonte utilizzata dalla fondazione, con la stessa tempestività con cui viene comunicato il bando di gara. Se fosse così, significherebbe che, per qualche ragione, a Roma si sbrigano a far sapere all’autorità anticorruzione quante risorse sono state mobilitate, mentre se la prendono con calma quando devono trasmettere i numeri delle effettive erogazioni, a fronte degli eventuali ribassi in fase di gara. Ad esempio, nell’agosto 2020, furono messi a bando 749 milioni per le mascherine, ma Fca aveva poi ottenuto l’appalto per 237,4 milioni. Osservando dunque le cifre effettive di aggiudicazione, la spesa complessiva per i dispositivi di protezione scenderebbe – si fa per dire – a 5 miliardi: 83 e rotti euro pro capite. Per rimanere all’infelice immagine di Pregliasco: sempre un Ray-Ban, però in saldo.
Nonostante il cambio in corsa, con il passaggio da Arcuri a Figliuolo, la stragrande maggioranza degli appalti, circa il 93,7%, ha seguito procedure semplificate. Nel 71,2% dei casi e per un importo pari a 17,4 miliardi di euro, si è trattato di procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando. Altri 4,1 miliardi sono stati stanziati per affidamenti diretti o in accordi quadro. Non stupisce, date le urgenze della fase storica che abbiamo attraversato. E non meraviglia neppure scoprire che il 62,5% degli importi è stato indetto dalla struttura commissariale.
In particolare, il bando più consistente, con 2,8 miliardi a base d’asta, è stato lanciato per le forniture di vaccini fino al 2023. Spicca, comunque, anche il ruolo di tre aziende pubbliche, che si occupano di acquisti per conto delle Regioni. Aria spa, la quale opera per conto della Lombardia e che ha impegnato 923 milioni; Zero, per il Veneto, con 913 milioni; ed Estar, per la Toscana, con altri 560 milioni di euro sul ricchissimo piatto. Protezione civile e Consip hanno indetto bandi, rispettivamente, per «soli» 385 e 305 milioni e soprattutto nella prima fase della pandemia.
Bilancio finale: in termini di denaro impegnato, il business dell’emergenza è valso 24,5 miliardi in due anni. Questo, sì, è sorprendente, perché rispetto al monitoraggio di maggio 2021, la cifra è cresciuta «appena» di 1 miliardo.
È difficile credere che, quest’estate, gli italiani scendano in spiaggia mascherati. E che, al ritorno delle vacanze, sulle pelli abbronzate, oltre al segno dei costumi, ci sia quello delle Ffp2. Pregliasco e Speranza se ne dovranno fare una ragione. Per la rivincita degli ipocondriaci, basterà pazientare fino all’autunno. di Alessandro Rico – La Verità